Da quando la Responsabilità Sociale d’Impresa (CSR) ha iniziato a acquisire importanza per le aziende negli anni ’90 del secolo scorso, sono accadute molte cose che si sono riflesse nelle denominazioni che questa pratica ha avuto.
In origine era definita Azione Sociale o Filantropia e veniva incanalata in molte occasioni attraverso le Fondazioni. Più tardi, nel corso del secolo, i dipartimenti di CSR si sono diffusi nelle aziende per lasciare il posto, man mano che la questione ambientale è stata incorporata nell’agenda delle decisioni aziendali, alla gestione della sostenibilità. Successivamente si passò allasogla ESG, dall’acronimo dei termini inglesi di “Environmental, Social and Governance”. È un po’ complesso approfondire le differenze che rappresentano CSR, Sostenibilità ed ESG, ma almeno bisogna chiarire che quest’ultimo, ESG, è un fenomeno nato dall’interesse del mondo degli investimenti per una gestione responsabile.
La pietra angolare su cui ruota il dibattito Sostenibilità/ESG è l’interesse degli azionisti di un’azienda o la considerazione degli interessi di tutti gli stakeholder rilevanti.
È un argomento ben noto che Milton Friedman ha sostenuto che l’interesse degli azionisti vada prima a tutto (The Business of Business is Business). La teoria dei gruppi di interesse o “stakeholder” è stata sviluppata principalmente da Edward Freeman. professore dell’Università della Virginia. Si tratta di un dibattito in qualche modo artificiale, perché gli interessi di tutti i gruppi di interesse, compresi gli azionisti, convergono sul lungo termine. Ed è qui che si situa l’elemento critico di ciò di cui stiamo parlando, nell’arco di tempo in cui consideriamo le nostre decisioni. Dare priorità agli interessi degli azionisti nel breve termine può danneggiare le aspettative di altri gruppi di interesse. La sostenibilità si basa sulla soddisfazione coerente ed equilibrata di tali aspettative.
Uno dei fenomeni più evidenti quando si parla di CSR/Sostenibilità/ESG è il passaggio da un quadro volontario a uno normativo. È così che si evolve la società: ciò che una volta era volontario, “qualcosa di bello da avere” è gradualmente diventato normativo. L’Agenda di Sostenibilità ha incorporato negli ultimi anni molte questioni rilevanti, sia in materia ambientale (rappresentate dalla “E” di ESG), sia in materia sociale (con la “S”) e, ultimamente, di corporate Governance, (con la “G”).
“ESG” è un vasto campo di principi e pratiche nel contesto dei grandi rischi e problemi che dobbiamo affrontare. Nella “E” occupano un posto importante la lotta al cambiamento climatico, l’interesse per la biodiversità e il capitale naturale, l’economia circolare o l’economia rigenerativa. La “S” è occupata da salute e sicurezza, conciliazione e flessibilità del lavoro, ovviamente, condizioni e diritti di lavoro, diritti umani sia del proprio personale che della filiera e ovviamente diversità, equità e inclusione (DEI).
Uno dei fenomeni recenti e più significativi degli ultimi anni nella gestione d’impresa è che la Sostenibilità sta raggiungendo con più forza il Consiglio di Amministrazione che deve tener conto dell’impatto positivo e negativo sui diritti umani e sulla ambiente. Ciò si riflette nella Direttiva Europea sulla Due Diligence che sarà presto approvata dalle istituzioni comunitarie. Questa direttiva stabilisce la responsabilità che gli amministratori hanno di integrare gli impatti sociali e ambientali nel loro “duty of care”, cioè nella loro responsabilità di prendersi cura degli interessi di tutti gli azionisti, non solo di quelli che, a seconda dei casi, e se non sono amministratori indipendenti, rappresentano. Questo approccio rappresenta un cambiamento molto importante, perché i consigli devono conoscere i rischi sui diritti umani e sull’ambiente e attuare meccanismi per mitigarli. La “G” della “Governance” è quindi ampia e spazia dalle responsabilità del Consiglio ai codici di condotta, al sistema di gestione dei rischi (anche ESG) o ai sistemi di Compliance. Ecco perché a volte viene indicata come “G+”.
Parliamo ora espressamente di Diversità. Ci sono vari studi che dimostrano la sua influenza su una buona performance aziendale.
Progressivamente ci si è evoluti da una semplice difesa della Diversità a parlare di Inclusione. La diversità potrebbe riflettersi negli indicatori, ad esempio nella percentuale di donne negli organi decisionali o nelle persone disabili tra le persone che lavorano in azienda. L’inclusione va oltre, e ha a che fare con il modo in cui chi include e chi viene incluso riescono a lavorare bene insieme, in un quadro di convivenza positiva e rispettosa per tutti.
Diversità e inclusione hanno molte sfaccettature e prospettive, dal genere alla religione, passando per l’orientamento sessuale, la personalità, le opinioni e, naturalmente, la disabilità. È qui che entra in gioco la neurodiversità, quelle caratteristiche del nostro cervello e del bagaglio neurale che ci rendono tutte e tutti diversi. Le persone autistiche hanno alcune caratteristiche differenziali che possono rappresentare dei limiti, ma anche vantaggi in determinati compiti e attività per le quali sono particolarmente dotate.
Ma serve un ambiente inclusivo, in cui le differenze vengano comprese e valorizzate. L’inclusione delle persone neurodivergenti è un segno della maturità dell’organizzazione. Del resto, questo presuppone che ci siano persone e sistemi nelle aziende in cui andranno a svolgere il proprio lavoro. In questi ambienti, le persone neurodivergenti sono riconosciute nella loro dignità. Non stiamo parlando di prestazioni adeguate o addirittura superiori in alcuni aspetti, stiamo parlando di evolvere verso ambienti inclusivi a vantaggio di tutti coloro che sono coinvolti nell’esperienza.
Infine, l’inclusione delle persone nella loro diversità può essere giustificata dalla performance positiva dei gruppi di lavoro di cui fanno parte. Certo, è un buon motivo, ma non dobbiamo dimenticare che c’è una ragione ben più alta della semplice performance, una ragione tanto semplice e potente come la necessità di fare la cosa giusta.
Articolo di Antonio Fuertes, ESG Senior Advisor di Specialisterne Spagna